Dolcezza naturale
Carlo Amodeo, apicoltore di Termini gestisce 1500 alveari e produce miele dai fiori di agrumi a quelli di sulla fino a quelli ottenuti da piante di alta montagna.
“Uso il miele a qualsiasi ora della giornata; nel caffè, nel latte, nelle tisane. E poi nelle macedonie ma è imbattibile su una fetta di pane e burro. Il miele per me è un’inestimabile forma d’amore. Una sorta di attrazione fatale; un’alchimia che proviene da un vissuto inesplorato ed irrompe come un déjà vu. È energia viva che non ha eguali”.
Comincia così una full immersion nel miele di Sicilia, in un pomeriggio assolato e ventilato, con un aneddoto che la dice lunga sulla vocazione che ha portato Carlo Amodeo a realizzare, alle pendici della riserva del San Calogero a tre chilometri da Termini Imerese (in provincia di Palermo), l’azienda della quale si occupa da circa 30 anni. Oltre 1500 alveari con una produzione annua pari a 300 quintali di miele esportati sul territorio nazionale e menzioni sulle maggiori riviste del settore e non: Apitalia, American Bee Journal, Gambero Rosso, per citarne solo alcune.
Miele d’agrumi, sulla, eucalipto, millefiori, arancio (i più comuni); mandarino Tardivo di Ciaculli, nespolo e timo (i più rari) sono solo un esempio delle varietà prodotte da Amodeo.
Punta di diamante l’astragalo nebrodiensis, miele raro di alta montagna dalle virtù fortificanti (estratto dall’omonima pianta appartenente alla famiglia delle Fabacecae, endemica della Sicilia), e prodotto a quasi duemila metri di altezza.
“I mieli d’alta quota – dice ancora - sono decisamente di qualità superiore. Noi viviamo sul livello del mare ma facciamo del nostro meglio”. Poi racconta: “Uno dei compiti di ogni apicoltore è quello di trasferire le api nelle arnie (generalmente in legno d’abete) su vaste estensioni di 100-200 ettari, con certezza di unica specie pollinica. È questo il metodo che ci aiuterà a stabilire la qualità specifica del prodotto finale. L’Apis mellifera sicula è la specie che utilizzo. Per cercare di salvare la purezza dell'ape siciliana, con il supporto del compianto professore Pietro Genduso dell’università di Palermo, abbiamo trasferito nel 1998 i pochi ceppi quasi puri, trovati nella provincia di Trapani, sulle isole Filicudi e Ustica ove era stata accertata l'assoluta assenza di altre sottospecie di Apis mellifera. La mellifera sicula è un’ape insuperabile sotto tutti i punti di vista: sviluppo precoce della covata, resistenza alle malattie, basso consumo di miele, scarsa tendenza al saccheggio e capacità di svilupparsi partendo anche da piccoli nuclei. È inoltre richiesta dai serricoltori per l’impollinazione delle colture protette (angurie, cantalupi, fragole ecc..) essendo nella sua rusticità attiva e funzionale nelle situazioni estreme dei tunnel, nei quali agli 0° gradi della notte possono seguire i 40° gradi del giorno”.
In pochi sanno che il miele è il risultato della trasformazione di nettari e parti vive delle piante che le api combinano con enzimi propri e depongono nei favi. L’estrazione da questi ultimi viene effettuata con l’ausilio di appropriate centrifughe che “schiantano”, nelle pareti delle stesse, il miele. Successivamente, viene filtrato a calza e lasciato decantare per dieci giorni al fine di eliminare eventuali particelle d’aria presenti. Passaggi finali: il confezionamento nei vasetti di vetro e la distribuzione.
Dalle molteplici proprietà (sedativo, lassativo, antinfiammatorio, disintossicante, depurativo, ricostituente…) e dalle più ampie varietà cromatiche ambrate, il miele è un alimento “vivo” straordinariamente ricco di enzimi e composto per oltre l’80% da zuccheri naturali: a maggiore concentrazione di glucosio si ottiene un miele più fluido mentre, a maggiore concentrazione di fruttosio uno più cristallizzato.